“Nel mondo esterno la maggior parte della gente vive senza la minima coscienza delle proprie alterazioni. Invece, in questo piccolo mondo, le alterazioni sono la condizione preliminare del nostro essere qui. Le portiamo attaccate a noi come gli indiani portano in testa le penne per dichiarare la loro tribù di appartenenza. E così viviamo tranquilli, senza ferirci.” (p.116)
È il primo libro che leggo di Murakami e ora sono molto curiosa di leggere altri suoi titoli.
Ammetto di avere un debole per le storie di formazione o in generale sull’adolescenza, età che non ho amato tantissimo vivere ma che ora ripenso con nostalgia.
Le vicende del protagonista Toru si svolgono nel Giappone del ‘68, anni di rivolte studentesche e sociali, che fanno da sfondo ai suoi tormenti interiori. Norwegian wood affronta tematiche “forti”: la depressione, l’emarginazione, la solitudine, il suicidio, la sessualità, la malattia mentale…
La scrittura di Murakami è stata per me molto ipnotica, molto coinvolgente. Uno dei personaggi che mi ha colpito di più è Reiko, per come è descritta e per come si conosce poco alla volta durante tutto il libro.
Un aspetto collaterale di questo libro è che mi faceva sempre venire voglia di cibi giapponesi! Avevo l’acquolina in bocca mentre leggevo la descrizione della cucina di Midori o delle pietanze che mangiano nei vari locali.
È sicuramente una lettura che consiglio.